13 aprile 2021

add scuola – parola ai ragazzi: Margherita Petrini

In un momento in cui le voci si disperdono tra limitazioni, stanchezze, imposizioni e incertezze, abbiamo scelto di dare parola ai ragazzi. I nostri giovani che, tra stanchezza e rabbia, si sentono poco ascoltati, e privati di un tempo che nessuno potrà loro restituire.

Abbiamo chiesto a Margherita Petrini (prima volontaria e adesso socia di Mare di Libri, Festival dei ragazzi che leggono di Rimini, co-autrice di Ci piace Leggere!) di condividere con noi i suoi pensieri, a caldo e senza filtri, perché è lì in mezzo che si nasconde la verità.
La speranza è che le voci dei giovani possano trovare sempre più ascolto e, sarebbe ora, anche un cambiamento.

 

“Ci sono tantissime cose che non capisco riguardo a come va il mondo, ma la domanda che mi ronza nella testa dalla mattina alla sera, mentre mi lavo i denti o faccio la doccia è sempre la stessa: perché vogliamo sempre fare a gara a chi sta peggio? Chi vorrebbe vincere una gara del genere?

Non sento mai parlare di persone e non sento mai parlare di giovani. Sento parlare solo di scuole trattate come parcheggi, negozi, ristoranti, numeri su numeri e qualche storia buttata qua e là per fare sensazionalismo. Non sento mai parlare di giovani e quando finalmente se ne parla vengono fuori commenti odiosi come quelli sotto certi post. Mi sono sentita dire da voi adulti che non dovrei lamentarmi di studiare da casa, perché se aveste avuto voi la DAD avreste fatto i salti di gioia. Mi sono sentita dire che aprire i negozi è più importante perché “sennò l’economia precipita” e quindi “è meglio che stiano in casa i ragazzi che tanto hanno tutta la vita davanti”. Mi sono sentita dire che siamo deboli e non facciamo altro che lamentarci, che c’è di peggio.

Lasciatemi dire che sono disgustata da voi che la vostra giovinezza l’avete vissuta tutta appieno e ora commentate “mio nonno è andato in trincea, mio nonno lavorava in miniera, ci sono cose più importanti” per sminuire la nostra esperienza, perché la verità è che questo anno e il tempo a venire che non ci godremo non ce li ridà nessuno, sono andati in fumo. La verità è che di noi non ve ne frega niente e nemmeno vi impegnate a nasconderlo, e posso dirlo con così tanta certezza perché se vi interessasse di noi comincereste a dare importanza alla crisi climatica e alla necessità di passare a politiche ambientali veramente sostenibili. Se vi interessasse davvero delle vostre figlie fareste di tutto per dare forma a un mondo in cui non subiscano più violenze e non vengano più escluse sistematicamente dai processi decisionali. Se vi interessasse davvero della nostra istruzione trovereste un modo per lasciarci andare a scuola o all’università in sicurezza, rivoluzionereste il settore dei trasporti pur di darci la possibilità di prendere l’autobus o il treno ogni mattina con lo zaino in spalla.

Sinceramente faceva già abbastanza male quando ho visto per la prima volta Greta Thunberg che a 15 si sedeva ogni venerdì davanti al Parlamento svedese, disposta a sacrificare la sua istruzione pur di attirare l’attenzione della politica. Faceva già abbastanza male quando abbiamo cominciato a scioperare in tutto il mondo, sperando di indurre il cambiamento, ma voi siete riusciti ad ignorare anche questo terremoto e scaricare il peso su di noi, limitandovi a darci dei contentini mentre le politiche agricole continuavano a privilegiare le multinazionali. Faceva già abbastanza male essere ignoratɜ, ma sapere esplicitamente che non ve ne frega nulla del nostro dolore fa ancora più male. Mi sono sinceramente stufata di non avere dello spazio per dire la mia, mi sono stufata di essere ricondotta o allo stereotipo dei giovani sdraiati o delle baby gang, mi sono stufata di sentirmi dire che a noi giovani non interessa la politica.

Sento tanti di voi adulti parlare di noi e parlare di ciò che ci riguarda, ma non ho ancora trovato uno spazio fisso dedicato alle nostre voci nei media mainstream. I pochi spazi che abbiamo sono minuscoli e instabili, sono piccole interviste che ci vengono “concesse” come se ci steste facendo un favore enorme, senza che ci sia un interesse nel raccontare effettivamente la nostra condizione, ma per fare sensazionalismo o tappare un buco nel palinsesto. In alternativa ci sono spazi che abbiamo creato noi come i giornali universitari o d’istituto, i gruppi e consigli studenteschi, ma anche questi mi sembrano ignorati o non sono comunque movimenti abbastanza strutturati o disposti a esporsi e prendere parte ai dibattiti.

Se devo dirla tutta non solo mi sento arrabbiata perché non ci ascoltate o non ci date spazio, ma mi sento anche persa nel nulla. Sento di non avere appigli e quando è così è fin troppo semplice cadere nel vuoto. Sento che è effettivamente molto più facile piangere al telefono con un*amicə piuttosto che mobilitarsi, scrivere, protestare, lavorare a tempo pieno per una causa che ad un certo punto smetterà di essere soltanto mia.

Quando leggo i vostri commenti in cui dite che dovremmo essere pienɜ di vita e non dovremmo lamentarci mi viene il voltastomaco, perché non capite e non vi sforzate nemmeno di farlo. Non ci pensate due volte prima di partire alla carica e scaricare la vostra frustrazione su noi dimenticatɜ. Non penso di dovere niente a voi adulti irrispettosi e con la memoria corta, l’unica cosa che credo di dovervi dire è che è ora che impariate a uscire dal vostro mindset da anni ’40 e cominciate ad ascoltare le storie di altre persone. È ora che smettiate di fare orecchie da mercante, perché vogliamo un cambiamento e lo vogliamo ora. È ora che smettiate di fare finta di niente: siamo qui e siamo furiosɜ.”

Margherita Petrini

 

(immagine: Serenella Sciortino)

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