27 maggio 2024

Rivoluzionare la vita urbana nel XXI secolo: l’intervista a Carlos Moreno

L’intervista a Carlos Moreno a cura di Daniele Molteni su Pandora Rivista.

Come nasce l’idea del libro La città dei 15 minuti e quali concetti hanno influenzato il suo lavoro?
Ho iniziato a pensare di scrivere un libro sul concetto di “città dei 15 minuti” nell’estate del 2020 nel contesto di due diverse crisi planetarie che hanno richiesto la trasformazione della nostra vita urbana. Quando ho proposto per la prima volta questo paradigma in una conferenza dopo la COP21 di Parigi nel 2015 sulla decarbonizzazione nelle città e sull’enorme contributo dei trasporti e degli edifici alle emissioni di CO2, la prima crisi che avevo in mente era quella dell’emergenza climatica. La seconda crisi è invece quella vissuta a causa della pandemia di COVID-19, con il suo impatto sulle città come Milano, uno degli epicentri in Europa. Durante la pandemia abbiamo scoperto lo smart working, ma anche l’importanza della vicinanza, dei vicini, delle aree verdi e del commercio locale. È stato un momento strategico per individuare la necessità di trasformare il nostro stile di vita. A proposito di questa trasformazione all’inizio del XX secolo avevamo già molti intellettuali come Clarence Perry e Jane Jacobs, i nuovi urbanisti in Europa e il mio amico Jan Gehl che lavoravano al concetto di “città per le persone”. Ma il mio lavoro è stato tra i primi nel XXI secolo a proporre un paradigma per il passaggio da un modello urbano centralizzato a uno più decentralizzato e policentrico. L’obiettivo di questo paradigma è quello di cambiare il “modello di business” delle città per generare economie locali più dinamiche e ridurre l’esclusione sociale.

Che tipo di pubblico intende raggiungere con questo libro? 
Il libro ha l’obiettivo di raggiungere tre target diversi. Il primo è la governance locale, i sindaci e i presidenti delle regioni, che sono le persone ideali per stimolare discussioni su come trasformare le nostre città nel XXI secolo attraverso una visione strategica di medio-lungo periodo. Il secondo target è il pubblico più ampio, i cittadini, poiché abbiamo bisogno di incoraggiare le persone ad essere attori dinamici e partecipativi in questa trasformazione per cambiare la mentalità delle nostre attività quotidiane. Vediamo molte resistenze al cambiamento da parte di comportamenti individuali, ad esempio sull’uso delle automobili e sulla dipendenza energetica dai combustibili fossili: se pensiamo che più della metà delle persone utilizza l’automobile per percorrere meno di sei chilometri in città, appare chiaro quanto il ruolo di questo strumento per il trasporto dipenda dal comportamento dei cittadini che lo considerano normale, ma che normale non è. Infine, il terzo target sono i professionisti: urbanisti, architetti, sociologi, filosofi ed ecologisti che possono continuare a generare un dibattito intenso e più ampio sull’ecosistema urbano e territoriale, così da essere pionieri di questa trasformazione.

Considerato il concetto di “diritto alla città” espresso da Henri Lefebvre, potrebbe approfondire la sua interpretazione di questa idea e il suo significato, in particolare nell’affrontare questioni di giustizia sociale, inclusione e sviluppo urbano equo? 
Al centro del concetto di diritto alla città, così come espresso da Lefebvre, troviamo il tema delle disuguaglianze economiche. Per quanto mi riguarda, ho abbracciato l’idea del premio Nobel Muhammad Yunus quando ha scritto nel 2017 il libro Un mondo a tre zeri, proponendo gli obiettivi di zero povertà, zero disoccupazione e zero emissioni nette di carbonio. Un territorio orientato alla sostenibilità dovrebbe sviluppare una convergenza in questi tre aspetti per l’ambiente, riducendo la dipendenza dai combustibili fossili per preservare le risorse naturali e la biodiversità. Allo stesso tempo, è necessario promuovere l’occupazione locale, i servizi pubblici e le scuole per sviluppare una città più vitale e inclusiva con frequenti interazioni sociali. Per farlo dobbiamo rivitalizzare i quartieri sviluppando alloggi più accessibili, in modo integrativo, con attività eterogenee e maggiore equità di genere così da avere cura delle persone più fragili. Responsabilità, vitalità e inclusione sociale sono i tre pilastri di questo impatto ecologico, sociale ed economico positivo che anche io propongo per costruire una felice prossimità policentrica.

Se consideriamo il loro ruolo fondamentale nell’ospitare gran parte della popolazione globale e il loro contributo al cambiamento climatico, quali opportunità esistono per le città di guidare la trasformazione sistemica e strutturale verso la sostenibilità? Quanto è difficile, in particolare in contesti democratici, attuare misure efficaci ma spesso impopolari come la riduzione dell’uso dell’automobile? Spesso le forze populiste sfruttano proprio questi temi per generare consenso, comunicando alle persone che proteggeranno i loro privilegi.
Ha perfettamente ragione, dal secondo decennio del XXI secolo abbiamo visto la presenza di forze populiste in tutto il mondo che si basano su false idee e teorie del complotto sul cambiamento climatico, sull’origine della pandemia, sui vaccini o altro. Se vogliamo ridurre il ruolo delle automobili individuali nelle città, questo è un argomento importante da discutere. La visione populista descrive la minaccia a un diritto individuale di usare l’auto e la riduzione della libertà, portando molte persone al rifiuto di considerare l’estrema urgenza di cambiare il loro stile di vita quotidiano. Ma la situazione è drammatica e ce ne accorgiamo osservando le statistiche sull’impatto delle emergenze climatiche sulle città, come ondate di calore, inondazioni e inquinamento. Abbiamo urgente bisogno di decarbonizzare riducendo il ruolo dell’auto, per sviluppare più aree verdi, riconquistare spazi pubblici e città prive di inquinamento dell’aria e dell’acqua. Mi preoccupa osservare in molti Paesi alcune persone scettiche che si oppongono a queste misure, ma dobbiamo preservare le nostre città facendo scelte climatiche fondamentali per garantirne il futuro.

Ampliando la nozione di “città dei 15 minuti” nel suo libro propone anche il paradigma del “territorio dei 30 minuti”. In che modo il coinvolgimento dei territori circostanti può contribuire a riconciliare gli ecosistemi urbani e rurali? Quali strategie possono facilitare questa integrazione?
Il concetto di “città dei 15 minuti” si applica alle zone ad alta densità, mentre quello di “territorio dei 30 minuti” a quelle a media e bassa densità. Ma i “minuti” non sono il punto, la priorità è migliorare la qualità della vita indipendentemente dalle dimensioni e dalla densità delle città o dei territori perché il fine è quello di trasformare il nostro stile di vita urbano e territoriale per generare un nuovo modello. Il concetto di “territorio dei 30 minuti” è pensato per rigenerare i nostri territori, le medie e piccole città, comprese le zone rurali a media e bassa densità, insistendo su un migliore utilizzo delle risorse. In questi territori è necessario integrare altri tipi di mobilità e veicoli e, ancora una volta, l’obiettivo è quello di uscire dall’uso tradizionale dell’auto con un solo conducente. L’idea è quella di utilizzare le nuove tecnologie, in particolare anche le piattaforme digitali per il car sharing, per sviluppare il trasporto elettrico on-demand. Contemporaneamente è importante sviluppare servizi pubblici comuni invece di costruire una biblioteca, uno stadio o una palestra per ogni piccolo territorio. Abbiamo bisogno di una nuova mappa dei territori per condividere le nostre risorse e generare infrastrutture comuni, condividere gli usi e promuovere attività mutualistiche. Questa strategia contribuirà alla creazione di comunità più impegnate che vivranno in territori a bassa o media densità con modalità più innovative.

Per guidare la trasformazione di cui parla, negli ultimi anni sono state create numerose organizzazioni. Quali iniziative o istituzioni percepisce come più influenti e quali approcci impiegano per promuovere uno sviluppo urbano inclusivo e sostenibile? 
Le organizzazioni internazionali e le associazioni di sindaci e governatori locali sono sicuramente influenti e impegnate. In Italia, ad esempio, sono molto felice di ricoprire il ruolo di presidente del comitato scientifico internazionale multidisciplinare del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (CNAPPC). La decisione del Consiglio di creare un comitato scientifico e di chiedermi di presiederlo si basa sull’impatto del concetto di “città dei 15 minuti” e sull’importanza di svilupparlo non solo nelle grandi città come Milano o Roma ma anche in diverse altre aree e territori. Recentemente si è tenuto un incontro a Verona per esplorare il concetto di prossimità policentrica nelle città italiane e insieme ai colleghi del comitato scientifico abbiamo elaborato i modi in cui è possibile trasformare le città per promuovere vicinanza, economia locale e crescita, che verranno raccolti in un libro. Tra le altre iniziative virtuose possiamo citare anche l’Osservatorio Globale delle Prossimità Sostenibili di UN Habitat, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa delle città, e C40 Cities, una rete globale di grandi metropoli che lottano contro il cambiamento climatico e di cui fanno parte anche Roma e Milano. Molte città italiane sono presenti anche all’interno della United Cities and Local Governments (UCLG), un’importante organizzazione internazionale di sindaci.

Riflettendo sull’importanza della transizione ecologica, quali lezioni si possono trarre per la pianificazione urbana dagli impatti dei cambiamenti climatici? 
Oggi vediamo una comunità numerosa di persone totalmente convinte che sia urgente trasformare radicalmente i nostri stili di vita urbani, perché l’impatto del cambiamento climatico è visibile e impressionante. Nell’ottobre 2023 la città di Acapulco in Messico è stata distrutta da Otis, un uragano di categoria cinque mai visto in questa zona, motivo per cui è stato impossibile mettere all’erta i cittadini e impedire la distruzione della città. Il costo per la ricostruzione ammonta, secondo il governo messicano, a più di tre miliardi di dollari e questo evidenzia come un’enorme quantità di denaro sia legata alle conseguenze del cambiamento climatico. Questi temi economici sono un nuovo importante vettore, perché, ad esempio, pongono delle sfide non indifferenti alle compagnie di assicurazione. Fortunatamente sempre più organizzazioni solidali promuovono la governance locale, abbracciando un nuovo modello basato su organizzazioni policentriche, pianificazione e attività locali. Si tratta di un modello molto resiliente, in grado di affrontare diverse crisi e capace di ottenere ottimi risultati, soprattutto quando il settore privato decide di decentralizzare le attività anziché concentrarle solo in una piccola area di una metropoli. Perché anche questo settore diventerà sempre più fragile visto l’impatto del cambiamento climatico.

A proposito del ruolo del settore privato, Lucia Tozzi, studiosa di politiche urbane e giornalista freelance, ha espresso preoccupazione per i partenariati pubblico-privato che, spinti da interessi economici, alimentano fenomeni come la gentrificazione e l’esclusione sociale. Come valuta il ruolo di queste partnership e quali misure possono essere implementate per garantire che siano in linea con i principi di equità, inclusività e sostenibilità? 
Questa è una domanda molto importante e la mia risposta è categorica: l’implementazione della “città dei 15 minuti”, del “territorio dei 30 minuti” e del modello policentrico e multiservizi deve essere condotta dalla governance locale. Dobbiamo pensarlo come un modello di bene comune che ha l’obiettivo di generare una triplice convergenza di impatto positivo ecologico, economico e sociale. Il ruolo della governance locale è quello di agire per i beni comuni o commons, definiti dalla premio Nobel per l’economia 2009, Elinor Ostrom, come quelle risorse materiali o immateriali condivise, che tendono a essere non esclusive e non rivali, utilizzate per preservare e sviluppare il nostro interesse collettivo all’interno del mercato, rifuggendo però dal mercato finanziario speculativo. Sono d’accordo con questa definizione e considero la governance locale la promotrice dei beni comuni, che significa lo sviluppo di più servizi pubblici, spazi aperti e aree verdi per preservare la qualità delle risorse naturali comuni come l’aria e l’acqua. Il settore privato deve essere coinvolto affinché abbracci questi concetti, per contribuire a sviluppare la qualità della vita.

Una parte del suo libro esplora anche l’intersezione tra tecnologia e urbanistica. In che modo l’intelligenza artificiale e la rete 5G contribuiscono all’innovazione urbana e al paradigma della “città dei 15 minuti”? Vede qualche rischio associato?
L’intersezione tra tecnologia e urbanistica offre sicuramente un potenziale trasformativo per l’innovazione urbana e per la realizzazione della “città dei 15 minuti”. Attraverso l’analisi di vasti set di dati che comprendono i modelli di traffico, la densità di popolazione e l’utilizzo dei servizi pubblici, l’intelligenza artificiale (IA) può contribuire a definire strategie ottimali per l’organizzazione degli spazi urbani, facilitando un’allocazione più oculata delle risorse. Inoltre, la capacità dell’IA di migliorare la sorveglianza ambientale ha un immenso potenziale per promuovere la sostenibilità nelle città, supervisionando variabili come la qualità dell’aria, il consumo energetico e la gestione dei rifiuti. Allo stesso modo, sfruttando la solida connettività offerta dal 5G, le città possono rafforzare i servizi pubblici essenziali, che comprendono la telemedicina, le piattaforme di e-learning e i sistemi di trasporto pubblico. Un ambiente digitalmente interconnesso apre la strada a nuove iniziative economiche, arricchendo il tessuto della vita urbana. Nonostante questi benefici, anche i rischi legati all’integrazione dell’IA e del 5G nello sviluppo urbano non mancano. L’ampia raccolta di dati e il monitoraggio necessari per queste tecnologie potrebbero violare la privacy individuale e portare a una maggiore sorveglianza, sollevando preoccupazioni etiche. C’è il rischio di esacerbare il divario digitale, in cui gli individui o le comunità che non hanno accesso alle tecnologie più recenti sono lasciati indietro e si trovano ad affrontare nuove forme di disuguaglianza. Inoltre, la maggiore dipendenza dalle infrastrutture digitali rende le città più vulnerabili agli attacchi informatici, che potrebbero interrompere i servizi essenziali e mettere in pericolo i residenti. In ultimo, l’infrastruttura per il 5G e il consumo energetico dell’IA e dei data center pongono anche sfide ambientali che devono essere affrontate, per garantire che queste tecnologie contribuiscano positivamente agli obiettivi di sostenibilità urbana.

Citando Wellington Web, ex sindaco di Denver, lei ha scritto che «il XXI secolo sarà il secolo delle città». Dal suo lavoro emerge la sua fiducia nei sindaci come agenti di cambiamento, ma come immagina di spostare i centri decisionali dalle istituzioni nazionali verso le strutture di governo locali, prevenendo al tempo stesso la frammentazione e promuovendo la sostenibilità e l’innovazione all’interno degli Stati nazione?
Spostare i processi decisionali verso le strutture di governo locale, come sottolineato dalla visione di Wellington Web, implica un approccio multiforme che bilancia l’empowerment con la coesione. La transizione verso l’empowerment delle città e dei sindaci come agenti primari del cambiamento evidenzia la necessità di una governance localizzata che sia reattiva e innovativa. I governi locali, essendo più vicini ai cittadini, possono adattare le soluzioni per affrontare direttamente le sfide urbane, dall’azione per il clima all’equità sociale. Tuttavia, questo decentramento solleva preoccupazioni e la promozione di una forte collaborazione tra governi nazionali e locali diventa cruciale. I governi statali possono fissare obiettivi generali entro i quali le località operano, assicurando che le azioni locali siano in linea con gli obiettivi nazionali e globali, ma questo partenariato dovrebbe andare oltre il semplice allineamento delle politiche, incoraggiando la condivisione delle risorse, le iniziative congiunte e lo scambio delle migliori pratiche. Inoltre, l’utilizzo di reti e partenariati, comprese le collaborazioni pubblico-privato, può fornire alle città le risorse e le innovazioni necessarie per affrontare efficacemente le sfide moderne. Queste reti svolgono anche un ruolo fondamentale nella prevenzione della frammentazione, promuovendo approcci standardizzati e obiettivi condivisi. È però essenziale garantire che il passaggio alla governance locale non aggravi le disuguaglianze, con la partecipazione della comunità al processo decisionale che possa andare a beneficio di tutti i residenti, mitigando le disparità e incoraggiando la coesione sociale. Se da un lato la spinta per la governance locale e l’empowerment delle città promette un approccio più dinamico e reattivo alle sfide del XXI secolo, dall’altro deve essere attentamente bilanciata con meccanismi che promuovano l’equità e prevengano la frammentazione. Questo delicato equilibrio sarà la chiave per sfruttare appieno il potenziale delle città come motori di innovazione e sostenibilità e realizzare la visione di Webb del “secolo delle città”.

Considerando i limiti del paradigma della smart city, che abbiamo discusso in parte precedentemente parlando di tecnologia, quali sono le principali sfide che le città globali si trovano ad affrontare oggi? In che modo i responsabili delle politiche urbane possono promuovere un’autentica inclusione e partecipazione a livello locale e globale per creare città vivaci e vivibili per tutti i residenti?
Pur promettendo di rivoluzionare la vita urbana attraverso la tecnologia, il paradigma smart city ha ricevuto alcune critiche che sottolineano questioni più ampie nello sviluppo urbano globale. Le principali sfide odierne includono il divario digitale, le preoccupazioni in materia di privacy e sorveglianza, la sostenibilità ambientale e il rischio di esacerbare le disuguaglianze sociali. Questi ostacoli non sono solo tecnici, ma profondamente radicati nel tessuto socioeconomico delle città e i responsabili delle politiche urbane devono superarli con un’attenzione particolare all’inclusione e alla partecipazione al di là del semplice impiego della tecnologia. Ciò comporta l’elaborazione di politiche che diano priorità alla protezione della privacy, sfruttando i dati per il bene pubblico in un equilibrio che rispetti le libertà personali e la sicurezza. Inoltre, la sostenibilità dovrebbe essere una pietra angolare della politica urbana, promossa attraverso tecnologie e pratiche verdi per mitigare gli impatti ambientali e promuovere una vita più sana. I responsabili politici devono sostenere una governance il più possibile partecipativa, coinvolgendo le comunità nel processo decisionale attraverso canali di comunicazione trasparenti e consultazioni pubbliche per garantire che le voci di tutti siano ascoltate. Il viaggio verso città vivibili e vivaci richiede un approccio globale che coniughi l’innovazione tecnologica con l’equità sociale, la sostenibilità ambientale e la governance partecipativa. Solo affrontando queste sfide con determinazione i responsabili delle politiche urbane potranno promuovere l’inclusività e la partecipazione per creare città che non siano solo intelligenti, ma anche eque e sostenibili. Sulla base di questo approccio a livello globale, l’obiettivo è la realizzazione della città policentrica, multiservizi e a basse emissioni di carbonio proposta dal concetto di “città dei 15 minuti”, un modello che sottolinea l’importanza di creare spazi urbani in cui i servizi essenziali siano raggiungibili a piedi o in bicicletta per tutti i residenti in quartieri autosufficienti e in grado di soddisfare tutte le esigenze. Questa visione non riguarda solo la prossimità, ma anche la creazione di ambienti urbani che supportino una vivace vita comunitaria, la diversità economica e la sostenibilità ambientale, incarnando l’essenza stessa di ciò che significa creare città vivibili per tutti.

Qui potete trovare l’intervista completa su Pandora Rivista: https://www.pandorarivista.it/articoli/rivoluzionare-la-vita-urbana-nel-xxi-secolo-intervista-a-carlos-moreno/

Vai al libro: https://www.addeditore.it/catalogo/carlos-moreno-la-citta-dei-15-minuti/

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