28 settembre 2015

Difendere la buona scienza

Elena Cattaneo – Professore ordinario, Università degli Studi di Milano e Senatore a vita

Cattivi scienziati. Un titolo, nella sua sinteticità, può trarre in inganno. Questo libro di Enrico Bucci non parla di scienziati e di Scienza, ma è una manifestazione dell’amore per la Scienza. Una «dichiarazione per assurdo», perché fatta non esaltando la bellezza di fare Scienza, ma raccontando esempi di cattive condotte e quindi di ciò che non può essere considerato Scienza. Leggiamo questo libro come un utile e necessario richiamo alla responsabilità sociale della comunità scientifica e alla «tolleranza zero» verso chiunque manipoli i fatti sperimentali per ottenerne benefici personali.

Gli scienziati non possono esimersi dal mettersi in gioco e dal partecipare alla costruzione della società portando la loro voce in ogni dibattimento pubblico affinché i fatti documentati e controllabili possano essere esaminati e costituiscano le fondamenta su cui costruire decisioni legislative giuste e nell’interesse pubblico. Per svolgere questo ruolo ogni giorno, c’è la necessità di presentarsi come un modello di comunità fatta di individui che si interrogano e si confrontano pubblicamente, anche aspramente e senza omertà, per il valore delle prove, controllandosi quotidianamente e arricchendo così di controlli e validazioni ogni teoria. Una comunità di pari che non aspetta la pressione di un’opinione pubblica e che nelle sue linee ispiratrici rifugge ogni autoritarismo e gerarchia precostituita, e dove la componente reputazionale, prima ancora di qualsiasi intervento regolatorio pure auspicabile, se ragionevole ed equilibrato, è essenziale perché vi sia la libertà di guardare negli occhi ogni collega e riconoscere la garanzia che il metodo sia quello condiviso, trasparente, intellegibile, verificabile. Nello sforzo scientifico quotidiano non deve mai calare la tensione verso il continuo perfezionamento di questo patto d’alleanza e delle regole che ne sono alla base.

Il metodo scientifico ha dato molto all’umanità, fin dal suo comparire. È stato applicato in moltissimi campi, e ha consegnato una mole impressionante di fatti e di descrizioni, coerenti tra loro, universali nel linguaggio quantitativo utilizzato e unificati in un quadro complessivo che, sebbene continuamente migliorabile e sempre in evoluzione, è di gran lunga la costruzione culturale più impressionante che la nostra specie abbia prodotto. Come l’autore rileva fin dall’apertura, esso rappresenta anche quel corpus di conoscenze che ci permette di affrontare con successo le piccole e grandi sfide che ci si pongono quotidianamente davanti.

La società deve poter attingere con fiducia a questa conoscenza, conquistata ogni giorno da un innumerevole stuolo di ricercatori di ogni campo nei laboratori di ogni angolo del mondo, i quali sottopongono a esame critico le proprie scoperte, le comunicano e ne rivendicano i meriti pubblicando quei risultati in riviste specializzate. A questo segue il controllo collettivo mondiale della validità di quella pubblicazione, che è quanto di meglio la comunità degli scienziati abbia escogitato per controllare la validità delle proprie scoperte. Una singola pubblicazione anche se su riviste ad alto impatto, non costruisce di per sé una verità, ma sarà il confronto con altri dati e protocolli, lo scetticismo dei colleghi e la riproducibilità dei risultati, a decretarne il valore conoscitivo e la solidità, oltre a concorrere alla reputazione dello scienziato. Ecco perché mentire e manipolare i dati scientifici non solo è socialmente riprovevole, ma anche stupido. La comunità scientifica nel suo insieme è in grado di individuare, impietosamente, comportamenti abnormi, e può avvalersi oggi di nuovi sistemi di analisi dei dati, automatizzati e sempre più efficienti, supportati dall’indagine umana sui casi meritevoli di interesse. Ecco perché è necessario ribadire, come insisteva già quasi mezzo secolo fa Jacques Monod, che l’etica è intrinseca alla Scienza e al metodo scientifico: anche se lo scienziato non giura su una costituzione scritta o su un testo sacro, la sua adesione a una comunità di cittadini liberi e dediti a ricercare come stanno davvero le cose, implica il tacito ma non negoziabile impegno a essere sempre sincero e a riportare e rispettare i fatti, cioè le prove. Se si deroga da questo impegno, al di là che si venga o meno scoperti e in qualche modo sanzionati, ci si colloca automaticamente fuori dal mondo della Scienza.

In definitiva, non esistono «cattivi scienziati». Semplicemente costoro non sono scienziati.


Questo testo, pubblicato di La Repubblica del 26 settembre 2015, è parte della prefazione di Elena Cattaneo a Cattivi scienziati di Enrico Bucci.

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