29 maggio 2025

Lo sport è politica può aiutare la pace: l’intervista a Mauro Berruto

L’intervista a Mauro Berruto a cura di Pasquale Di Santillo sul Corriere dello Sport.

«Il legame tra sport e politica – chiarisce subito Berruto – non lo scopro certo io. Vive nella storia e per me che ho vissuto un percorso singolare, dall’oratorio alla panchina della Nazionale di pallavolo fino al Parlamento, è venuto quasi naturale cercare una sintesi di questo percorso di conoscenza tra volontariato, dilettantismo e professionismo, parafrasando la metafora della “fantasia al potere”».

Dove inizia il legame sport-politica?
Facile: lo sport è un fatto politico, che può essere strumento di potere, di propaganda. E chi dice che devono essere separati non si rende conto della realtà. Perché non è mai stato così, dai Giochi Olimpici antichi fino a quelli moderni. Sport e politica si abbracciano da 2.800 anni. A volte può essere una carezza protettiva, altre un abbraccio letale quando lo sport viene strumentalizzato com’è successo per boicottaggi politici o accade nello sportwashing (ovvero l’utilizzo dello sport per recuperare reputazione compromessa da condotte illecite ndr). Personalmente ritengo che bisognerebbe smetterla ogni volta di rivendicare l’autonomia dello sport. Non è sempre una cosa positiva. Perché come dimostra la quotidianità, lo sport è spesso anticipatore della realtà. E mi riferisco alla cittadinanza sportiva di cui abbiamo esempi sempre più frequenti: da Batocletti a Simonelli, passando per Desalu, Paolini, Sylla e ce ne sono tantissimi altri. La demonizzazione serve a poco: l’uno, la politica è necessario all’altro, lo sport.

Quanto è soddisfatto dell’Art 33 che riconosce lo sport nella Costituzione Italiana?
Spingere quel tasto trasformato subito in una delle 312 luci verdi che hanno fatto entrare lo sport nella nostra Costituzione è stata una delle mie più grandi gratificazioni. Era il 20 settembre 2023 ed era assurdo che non fosse stato ancora riconosciuto il suo valore educativo, sociale. Parliamo della politica, quella alta che stabilisce i principi. Poi entrano in gioco le politiche dello sport, quelle che di fatto dovrebbero trasformare le linee teoriche in soluzioni capaci di impattare concretamente non solo nel mondo sportivo ma anche nella società. E qui…

Che fa si ferma? Spieghi bene, per favore.
Parto da un paradosso: l’Italia tra Olimpiadi e Paraolimpiadi ha portato a casa la scorsa estate qualcosa come 111 medaglie. Bellissimo, tanta roba. Ma poi andiamo a vedere l’indice di attività sportiva del nostro Paese e ci accorgiamo che arriva a 38, cioè sotto quello della media europea, che è fissato a 40. Per non parlare delle infrastrutture: dico solo che da noi il 50% delle scuole non ha una palestra. In Finlandia, Paese che conosco bene per aver allenato la Nazionale di pallavolo del Paese per sei anni, la popolazione che pratica almeno uno sport è al 72%. E sapete quante medaglie ha vinto ai Giochi di Parigi? Zero. Significa che non è vero che l’aumento della diffusione della pratica di base aiuta a vincere le medaglie. Come nemmeno la presenza di infrastrutture in quantità e qualità dà garanzie di successo. Alla fi ne, insomma, diventa una decisione politica dove mettere le risorse da investire. In Finlandia prevale il welfare, il benessere fi sico, la cultura del movimento. Da noi invece prevale la preparazione olimpica e ci mancherebbe altro che non vincessimo quelle medaglie. Non è una questione di modelli, ma di scelte. In fondo, sarebbe suffi ciente riequilibrare la distribuzione degli investimenti.

Lo sport è sempre più fabbrica di denaro, assorbito nella dimensione del business: dove porta questa evoluzione?
Senza fare retorica, calcio e NBA hanno preso una strada chiara, diffi cile da arginare. Il problema è un altro. Si parla tanto di doping ma dovrebbe essere chiaro a tutti che il primo doping è quello dei… calendari. Perché quando si devono avere certi ritmi alla fi ne può diventare quasi inevitabile il ricorso alla chimica. Non sarebbe il caso di scandalizzarsi prima? Senza dimenticare che non invidio i miei colleghi allenatori: con questi ritmi non si riesce più ad allenare, a lavorare per migliorare l’aspetto tecnico degli atleti. Ma bisogna essere sinceri: dovrebbero essere proprio loro, gli atleti, a protestare a ribellarsi. Se non si fermano loro…

A proposito di allenatori, quando torna in panchina a insegnare pallavolo lei che ha vinto un bronzo olimpico (2012) e 2 argenti europei (2011 e 2013) prima di dimettersi nel 2015 dopo qualche… frizione col gruppo?
In effetti, mi manca un po’ tutto quell’ambiente, l’atmosfera dei ritiri, gli allenamenti, le partite. Ma io non ho mai detto che non sarei più andato in panchina. Non ho mai smesso uffi cialmente. A luglio saranno 10 anni che non alleno più. Certo, adesso faccio il parlamentare ma se arrivasse un grande progetto capace di riaccendere il fuoco della passione, perché non prenderlo in considerazione? Comunque sarò sempre eternamente grato alla pallavolo per quello che mi ha dato.

Un pensiero per Velasco e l’oro olimpico delle donne?
Un traguardo straordinario, un traguardo di tutto il movimento. Ci vedo la dimensione romantica di un trionfo globale per uno sport che al femminile ai Giochi non era mai arrivato oltre i quarti e alla fi ne è riuscita a centrare la medaglia d’oro olimpica che mancava ai maschi. Bellissimo.

Può lo sport rappresentare la speranza di pace, di unione in una fase storica così delicata?
Penso possa essere l’unico strumento che ci aiuti a superare un momento della storia dell’umanità lacerata da confl itti. Mi viene da dire che tra due anni si giocherà un Mondiale di calcio tra Stati Uniti, Canada e Messico, cioè i Paesi simbolo di questa divisione. E mi piacerebbe sentire, leggere per Israele lo stesso legittimo sdegno che ascolto per la Russia. Già che ci sono, mi chiedo cosa farà l’Italia di calcio quando tra settembre e ottobre giocherà le partite di qualificazione per il Mondiale contro Israele…. Magari indosserà una maglietta di protesta, come quella rossa dell’Italia di Davis nel 1976 in Cile?

Qui l’intervista completa.

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