1 aprile 2016

Bella ciao, la canzone della libertà

– di Stefano Delprete –

È la canzone che vanta il maggior numero di traduzioni nelle lingue del mondo, decine, e che più spesso è risuonata in modo spontaneo e improvviso, come scaturendo da una scintilla, nelle piazze a ogni latitudine. Geograficamente sembra non avere confini, né padroni. In certi casi paradossali, in alcune regioni del mondo, è cantata da schieramenti opposti che la abbracciano entrambi per rivendicare le proprie posizioni. Insomma, Bella ciao è davvero di tutti, tranne di coloro che per motivi ideologici non ne vogliono sapere, ma questo, mi sento di dire, è un problema loro.

Questa canzone così apparentemente esile nella forma, ma capace di muovere gli entusiasmi collettivi come poche altre sanno fare, ha un modo tutto suo di parlare in modo diretto a chi la sta cantando. Per questo mi viene da dire che Bella ciao è davvero la canzone di tutti, così radicata dentro di noi che ognuno ne possiede una propria versione, non necessariamente legata a un’interpretazione celebre o a un concerto, ma a uno stato d’animo, a un pensiero, anche a un luogo.

Ognuno provi a pensare alla sua Bella ciao, sono certo che potrebbe essere una bella sorpresa, e se lo faccio io posso dire che quando il 24 aprile di ogni anno, verso le 20,30, comincia la fiaccolata a Torino partendo da piazza Arbarello, a pochi metri dalla casa che fu di Piero Gobetti, aspetto quasi in silenzio lo staccarsi di una voce, di solito a metà via Micca, che scandisce: “Questa mattina, mi sono alzato”.

A quel punto è come se un passaggio antico e necessario si compisse. Ne accetto consapevole la retorica, capisco che tutto è forse destinato a durare lo spazio di tre minuti, mi accorgo anche che non con tutte le persone attorno ho argomenti e idee da condividere, ma allo stesso tempo percepisco la forza di quel canto che si fa coro. Quella canzone che solo in parte (e forse poco) è stata la canzone della Resistenza, mi arriva addosso come un testimone e come il motivo principale della mia presenza lì, il 24 aprile, tra piazza Arbarello e piazza Castello, oppure anni fa a Cuneo, al parco della Resistenza, con Nuto Revelli e i partigiani che furono di Duccio Galimberti.

Cosa porta davvero con sé quella melodia così semplice e straordinaria è difficile da dire a livello oggettivo ed è meglio quindi lasciare che siano le nostre tante sensibilità a leggerla – e cantarla – nel modo e nelle forma che più ci piacciono. È però un viaggio bellissimo per tutti quello di scoprire da dove arriva, di mettersi sulle tracce dei suoi lontani parenti e dei suoi approdi più recenti, degli interpreti indimenticabili e delle versioni inattese. A farlo ci aiuta Carlo Pestelli portandoci in giro tra canti popolari, canzoni contadine, storici della musica, e musicisti, lo fa con un libro con cui racconta qualcosa che, forse, raccontabile non è: come si tramandano e come mutano note, frammenti sonori, testi e melodie di una canzone che è cresciuta per le strade del mondo. Bella ciao, il libro che dal 14 aprile sarà in tutte le librerie, è un omaggio non solo a una canzone che vanta decine di zii, qualche nonno e nessun vero padre, ma è anche un tributo alla suggestione che ci fa vivere quando la ascoltiamo e la cantiamo. Bella ciao è così: di tutti e ogni volta nuova, ma allo stesso tempo di nessuno e sempre, splendidamente, uguale a se stessa. In queste contraddizioni passa anche la nostra Storia.

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