23 febbraio 2018

Nascita di un libro: da Pierre Rabhi a “La terra non è mai sporca”

-di Carola Benedetto e Luciana Ciliento-

La prima volta che abbiamo sentito pronunciare il nome di Pierre Rabhi è stato a Parigi, a casa di Clémentine Deroudille, giornalista e nipote di Robert Doisneau.
Di lì a poco, infatti, con Per sentieri e Remiganti. Il Festival dei viaggiatori extra-ordinari avremmo ospitato una mostra di suo nonno a Torino.
«Voi che cercate i viaggiatori extra-ordinari, dovete assolutamente invitare Rabhi. È un contadino ma soprattutto è un poeta che si adopera per far riscoprire la meraviglia del Creato, lo stupore – disse Clémentine – è il viaggiatore più extra-ordinario che la Francia abbia avuto negli ultimi anni. Un vero rivoluzionario».
Appena possibile con Susanna Paisio siamo partite per incontrarlo di persona.
Volevamo conoscere quel contadino-poeta che combatteva la desertificazione della terra e dello spirito, impegnandosi in prima persona per mettere in pratica la sobrietà felice.
A fine estate siamo andate nel Sud della Francia, dove Pierre teneva una conferenza. La sua voce era calda, pacata, un richiamo antico che dalle porte del deserto attraversava quella notte mite nel Midi francese.
Rabhi raccontava della sua infanzia assolata in un’oasi algerina, dello stravolgimento dell’era mineraria e del suo periodo parigino di operaio specializzato, – tra alloggi angusti, macchine e strade affollate-, che lo aveva spinto a lasciare la metropoli per trovare un posto nella natura aspra dell’Ardèche, dove «gioire del senso profondo della vita». Eravamo come sospese, rapite dalla sua voce che scandiva parole esatte, profonde. La mattina seguente Pierre ci ha ricevuto in un piccolo albergo di Béziers, accogliendoci con gentilezza e un certo stupore all’idea che fossimo venute in macchina da Torino per nessun altro motivo che conoscerlo, per capire se era davvero felice.

Abbiamo conversato a lungo, come se in fondo le nostre vite avessero percorso strade comuni. Al momento di andare, Rabhi ci ha confidato che gli sarebbe piaciuto venire al Festival, ma che quell’incontro avrebbe dovuto seminare il terreno, essere l’inizio di un viaggio e non l’arrivo. Subito ci siamo rese conto che occorreva più tempo di quello necessario all’organizzazione di una normale conferenza del festival.
Quindi, accogliendo la sua volontà, gli abbiamo domandato di realizzare una breve video-intervista che nel frattempo raccontasse di lui e della sua rivoluzione.
Pierre accettò, con quel suo sorriso caldo e gentile. Girata il febbraio dello stesso anno, l’intervista, invece di durare mezz’ora – come previsto – si dilungò per oltre tre ore. Nessuna parola di questo saggio della terra doveva andare perduta, così oltre a un breve promo è nato Pierre Rabhi. Il mio corpo è la terra, il documentario che racconta la storia di un uomo minuto che sta cambiando il mondo con la forza della semplicità, della gioia e dello stupore.

Intanto abbiamo trovato i compagni di viaggio necessari per preparare un buon terreno per la sua prima volta in Italia, come desiderava Rabhi. Insieme con le socie di AiCARE – Agenzia Italiana per la Campagna e l’Agricoltura Responsabile ed Etica, – e quelle della cooperativa agricola-sociale Cavoli Nostri, siamo tornate in Ardèche per raccontare a Pierre cosa avevamo pensato per lui, e portarlo finalmente in Italia a incontrare la maggior quantità di persone, dai bambini nelle scuole, agli agricoltori e ai cittadini comuni.
Davanti a un profumato tè alla menta, abbiamo parlato lungamente della necessità di diffondere un nuovo paradigma, che vede l’uomo vivere finalmente in armonia consapevole con la Terra che lo ospita.
Pierre, infine, è stato a Torino, ospite del festival Per sentieri e remiganti 2013 – che quell’anno declinava il tema de La Forza, e ha visto per la prima volta il documentario, presentato al Festival Cinemambiente.
Alla fine ci ha abbracciate commosso, dicendo che rappresentava la sintesi perfetta del suo pensiero spirituale.

Da allora, è iniziato un viaggio emozionante, che continua tuttora, per presentare il documentario in giro per l’Italia, da Nord a Sud, isole comprese. Cinque anni trascorsi sempre a parlare di terra, sempre ad ascoltare storie di persone che ogni giorno facevano la loro parte per vivere nello stupore di questo Pianeta, per «passare sulla sua terra con piede leggero».
Bambini delle scuole primarie e secondarie, studenti universitari, appassionati di cinema, agricoltrici e agricoltori, responsabili della governance, cittadini, pensionati, stranieri, insegnanti, monaci, italiani, artisti, lettori, ognuno era artefice di un piccolo miracolo quotidiano in nome della terra e della felicità.
Dopo ogni incontro, dopo ogni conversazione pubblica o privata sentivamo di aver unito un altro pezzo dell’intricato ed esteso tappeto di radici che sotto alla terra stavano preparando la fioritura di un nuovo umanesimo.
Infine un giorno, all’Ashram indù di Altare, Svamini Ma Uma Shakti, la monaca che si occupa dell’orto e del roseto, durante una conferenza sul tema ecologia e spiritualità, ha esordito dicendo: «la terra non è mai sporca, se mai sono i nostri pensieri che la sporcano». Quella frase si è posata, lieve ma tenace, tra i nostri pensieri e non ci ha più abbandonate.
Era arrivato il momento che tutte le radici che avevamo incontrato fiorissero in una nuova, sorprendente trama: un libro nostro, La terra non è mai sporca.

Carola Benedetto è indologa, autrice e regista. Ha curato la postfazione de La sobrietà felice di Pierre Rabhi (2013, add editore).
Con Igor Piumetti, è regista di Pierre Rabhi. Il mio corpo è la terra.
Luciana Ciliento è traduttrice e interprete. Ha tradotto il dvd Pierre Rabhi. Il mio corpo è la terra, curandone anche la produzione editoriale.

L’immagine di copertina è un particolare tratto dall’opera Silver Birch, Autumn Gold dell’artista inglese Rebecca Vincent, illustratrice scelta anche per la cover di La terra non è mai sporca.

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