15 settembre 2018

Camere (non) separate: Marta Barone.

La figura della traduttrice, del traduttore, è abituata alle seconde file, a sparire.
Questa rubrica li porta al centro del palcoscenico: di loro vogliamo mostrarvi i visi, le scrivanie dove lavorano, farveli conoscere meglio.

Camere (non) separate perché si torna sempre a Tondelli, anche quando non si vuole, ma soprattutto perché è vero come dice Antoine Berman che la traduzione è «l’albergo nella lontananza», il traghettare a sé qualcosa di estraneo, ma non solo.

Camere (non) separate esiste grazie a Giulia Fuisanto, che studia, lavora, legge, pensa e nel frattempo intervista le traduttrici e i traduttori.

La prima chiacchierata l’ha fatta con Marta Barone, fra gli scaffali degli illustrati della Libreria Bodoni di Torino.

Percorso formativo.

Il mio percorso formativo non lo definirei finalizzato al mestiere di traduttrice.
Sono sempre stata in contatto con il mondo dell’editoria, soprattutto quella per ragazzi, da quando ero molto giovane, dopo la pubblicazione di Miriam delle cose perdute (Rizzoli, 2008), il mio primo libro.
Mi sono laureata in Lingue e letterature comparate e ho ricoperto il ruolo di lettore editoriale per diverse case editrici tra cui Einaudi, Mondadori, Rizzoli e Bompiani. Leggevo dal francese e dall’inglese saggistica, narrativa e romanzi per ragazzi.
Il primo lavoro di traduzione che mi è stato affidato era appunto un libro per ragazzi: un romanzo di Pamela Lyndon Travers, l’autrice di Mary Poppins, mai pubblicato prima di allora in Italia (e adesso, tra l’altro, ho ritradotto proprio Mary Poppins, che uscirà il 25 settembre). Mi sono poi arrivate altre proposte e il mio lavoro si è pian piano affinato. Sebbene quindi non abbia frequentato una classica scuola di traduzione, ho avuto la fortuna, all’università, di seguire dei corsi molto buoni di traduttologia (soprattutto francese) che abbracciavano tutti i problemi collegati alla traduzione – le tendenze deformanti individuate da Antoine Berman, per esempio, o il concetto di perdita e compensazione, ossia come muoversi quando, traducendo, si perde irrimediabilmente qualcosa, come nei giochi di parole.
Poi ho letto parecchi saggi sulla traduzione, tra cui quelli di Umberto Eco e di Franca Cavagnoli, leggo sempre con interesse gli articoli e le riflessioni di altri traduttori, e quindi continuo a studiare, in un certo senso, per conto mio. In definitiva non direi quindi che fare la traduttrice era un obiettivo che avevo in testa da subito, si tratta piuttosto di qualcosa che ho scoperto poco a poco e che ben si abbina al mio primo interesse: la scrittura.

Come e dove traduci.

Non amo molto andare in biblioteca: mi distrae quasi tutto, e sono più concentrata quando sono sola, quindi casa resta il posto che preferisco. Per quanto riguarda il metodo, ovviamente leggo il libro una prima volta con grande attenzione. Poi in un mondo ideale sarebbe bello poterlo rileggere anche due o tre volte in modo da assorbire anche le sfumature più tenui, ma dato che non ci sono mondi ideali e le tempistiche di consegna sono quasi sempre strettissime (e si deve pur mangiare) dopo una prima lettura mi segno le varie particolarità, faccio ricerca su quello che non conosco, poi divido il testo in scaglioni e vado a lavorare pezzo per pezzo. Il lavoro di preparazione non è quindi eccessivo, c’è soprattutto il libro in sé e tutto ciò che si costruisce in corso d’opera: tanto per fare un esempio, la ricerca di fatti storici e sociali o di termini tecnici particolari che non conosci (per un romanzo sudafricano di ambiente ospedaliero che uscirà in ottobre, Primula della sera di Kopano Matlwa, questo lavoro è stato particolarmente impegnativo).

Per add editore hai tradotto Io sono Una

Nel caso di add sono stata segnalata da Marco Rossari; per questo lavoro la casa editrice cercava una traduttrice donna. Non conoscevo la vicenda dello Squartatore dello Yorkshire, e ho dovuto leggere molto in proposito prima di cominciare a tradurre.
A colpirmi in maniera particolare, oltre alla storia in sé, è il modo in cui Una dedica molto spazio al vissuto delle vittime, di solito donne poverissime con vite difficili etichettate immediatamente dalla polizia come prostitute, ricostruendo il background di ciascuna. In casi del genere viene dato molto spazio al killer; l’autrice, invece, opera dichiaratamente in senso inverso, quasi a voler riconferire a ciascuna l’identità che aveva prima dell’incontro con lo Squartatore.
Si è parlato molto del libro per il suo argomento centrale, la misoginia e la violenza sessuale: ma io credo che sia anche e soprattutto una storia che parla di classe.

Dal primo a lavoro a quello più recente

La primissima volta che mi sono trovata a tradurre, a primo capitolo concluso mi sembrava tutto molto meccanico. L’ho mandato all’editor che stava seguendo il libro, Stefania Di Mella, che tra l’altro è un’eccellente traduttrice; lei mi ha suggerito di sganciarmi mentalmente dall’inglese perché nella paura ossessiva di non rispettare il testo riproducevo una forma che non era italiana.
Quindi il primo libro ha richiesto molti aggiustamenti: dovevo ancora trovare il modo di staccarmi dall’originale senza però tradire il testo. Si tratta di un processo che si affina con il tempo. Credo sia qualcosa difficile da insegnare; lo si impara facendolo.
Il penultimo libro che ho tradotto, Cime tempestoseè stato un lavoro di dimensioni enormi e il più complesso a livello linguistico. Ho dovuto trattare con un inglese dell’Ottocento che andava sciolto, anche se la difficoltà maggiore è stata rendere l’effetto del dialetto dello Yorkshire che parlano alcuni personaggi.

C’è qualche traduttrice/traduttore italian* che stimi particolarmente?

In Italia ci sono tanti traduttori bravi e molto bravi, che stimo perché sono in grado di restituire la voce originale del testo in modo magnifico e naturale (che è poi quello che ammiro di una bella traduzione), e farne un elenco sarebbe impossibile.
Nomino allora due capisaldi: Serena Vitale e Susanna Basso. E visto che abbiamo parlato di letteratura per l’infanzia, e non si parla mai di quei traduttori, aggiungo anche la voce che ha tradotto quasi  tutti i libri che ho amato da ragazzina: Angela Ragusa.

Un libro o un autore che vorresti tradurre.

Per quanto riguarda libri in un’altra lingua, il primo sarebbe L’educazione sentimentale di Flaubert, mentre mi piacerebbe tradurre dall’italiano i testi di Marina Jarre dei quali sono curatrice.

Giulia Fuisanto ama i libri, ed è curiosa come una bambina.
Ha tre passioni: leggere, scrivere e imparare. Studia al College Reporting della Scuola Holden.

Condividi