2 marzo 2018

La vita altrove, storie dall’Asia: Beatrice Bridi / Matteo Miavaldi

-di Ilaria Benini-

La vita altrove è una rubrica in cui andiamo alla scoperta delle storie di giovani italiani che hanno scelto di vivere in Asia – per un periodo o in pianta stabile –, alla ricerca di opportunità e felicità.

Abbiamo creato questa rubrica per costruire una rete ispirata dal nostro progetto editoriale Asia, che propone storie e saggi per avvicinarsi a regioni del mondo che stanno vivendo una trasformazione accelerata e travolgente.
Nuove aperture e maggiore libertà di espressione innescano opportunità di condivisione e scoperta: con le nostre pubblicazioni e iniziative intercettiamo l’energia in circolo nel mondo, attirando in Italia l’aria dinamica che si respira in paesi poco conosciuti, lasciandoci ispirare dalle strategie umane individuali e collettive che danno vita ai contesti asiatici.

Pensiamo che ogni vita possa essere fonte d’ispirazione creativa, una delle innumerevoli risposte alla curiosità per lo sconosciuto.
Grazie alla disponibilità di chi parteciperà alla nostra rubrica vogliamo offrire un modo vivo di esplorare l’Asia, una parte del nostro mondo.
C’è molto da scoprire, oltre le bacchette, le spiagge tropicali e le statuette di Buddha.

L’immagine di copertina è un’illustrazione originale di Marta Giunipero, studentessa al secondo anno di IED a Torino.

Nome

Beatrice Bridi

Età
27 anni

Dove vivi?
Yangon, Myanmar

Come ci sei arrivata?
Dieci anni fa mettevo piede per la prima volta in terra birmana. Chi avrebbe immaginato che ci sarei finita a vivere un giorno.
Mi chiamo Beatrice Bridi, ho 27 anni e da due anni vivo permanentemente a Yangon, in Myanmar.
Dal 2014 visito questo magico Paese per lavoro seguendo le orme di un padre pioniere, che qui ci è arrivato nel 2000.

Cosa ti fa restare?
Il Myanmar sta vivendo un momento di transizione che sono felice di vivere in prima persona. Dopo l’apertura al mondo, è intrigante notare come lo sviluppo economico stia trasformando scenari, persone e abitudini.
Se penso al Myanmar di dieci anni fa, dove non c’erano macchine sulle strade mi viene quasi da ridere. Infatti, spendo quotidianamente tra le due e le tre ore nel traffico, se va bene!

Cos’è per te il paese asiatico in cui vivi?
Yangon, che per bizzarri motivi non è la capitale del Paese, è una città molto dinamica e vibrante con i suoi quasi sette milioni di abitanti. Gli expat, ovvero i ragazzi che qui ci arrivano da fuori, come me, stanno aumentando di giorno in giorno.
Nel 2014 ricordo feste alle quali partecipavano trenta persone internazionali, oggi i locali sono sempre gremiti di persone interessanti provenienti da tutto il mondo.
Il tempo qui sembra scorrere velocissimo e a volte ventiquattro ore non bastano, ma volgendo uno sguardo alla vita quotidiana dei birmani intorno a me, trovo sempre un momento di pace.

Ci racconti un fatto quotidiano simbolico della tua vita lì?
La vita non è sempre facile, la barriera linguistica si sente anche se la Birmania era una colonia inglese a differenza dei paesi limitrofi. Infatti, quando viaggio tra Vietnam e Cambogia faccio molta più fatica a farmi capire.
Gli episodi quotidiani più divertenti riguardano però proprio la barriera linguistica.
Dopo due anni il poco birmano che ho imparato a masticare, mi aiuta nelle conversazioni con i taxisti.
Una volta a bordo del taxi mi sento sempre salva e so arrivare alla meta, ma prendere un taxi e farsi spiegare è sempre un´«PA-SA-PA-LA!» dico io al taxista che deve portarmi a casa.
«PA-SA-PA-LA?» mi guarda lui con una smorfia di «YES! PA-SA-PA-LA!» e niente, avanti cosi per cinque minuti buoni chiedendo ai passanti.
Poi mi guarda e dice: «PA-SA-PA-LA? Ah sì lo so!». Io, un po’ scoraggiata salgo in taxi pensando «e io, cosa ho appena detto?».
Nonostante le sue difficoltà e stranezze il Myanmar non ha mai smesso di affascinarmi. Non sarò mai grata abbastanza per l’opportunità che mi è stata concessa e per la mia pazza voglia di viaggiare che mi ha portata lontano.

Di cosa ti occupi in Asia?
Dal 2014 lavoro per Prometeo, azienda basata in trentino che da più di vent’anni facilita lo sviluppo di business tra l’Italia e la regione del Sud Est Asiatico, in particolare: Myanmar, Cambogia, Laos e Vietnam.
Prometeo organizza eventi fieristici settoriali in tutta l’area e sviluppa opportunità di business per prodotti “made in Italy” di diversi settori (alimentare, arredo, costruzioni, medicale ecc.).
Nel 2016 ho fondato una nuova azienda con sede a Yangon, Prometeo Consulting Co. Ltd., che svolge il ruolo di ufficio satellite per Prometeo e fortifica la rete di contatti sviluppata in tutta la regione.

Nome
Matteo Miavaldi

Età
32

Dove vivi?
New Delhi

Come ci sei arrivato?
Vengo da un percorso di studi orientali, sinologia per la precisione.
Dopo un anno e mezzo in Cina mi sono trasferito prima nella campagna del Bengala Occidentale, seguendo la mia ragazza di allora, dove sono rimasto per due anni e mezzo studiando e iniziando a pubblicare le prime cose su India e subcontinente indiano. In seguito, contro ogni ragionevolezza e contro il consiglio di diversi amici, ho deciso di rimanere in India, trasferendomi a New Delhi.

Cosa ti fa restare?
L’interesse per un paese che sconta, almeno in Italia, un fardello ereditato dai decenni passati per cui l’India è tutta spiritualità, santoni e pacifismo gandhiano. Invece, è molto poco quelle cose e, secondo la mia esperienza, un paese attraversato da profondi conflitti, da esplosioni di violenza talvolta apparentemente insensata, da discriminazioni orrende e, di convesso, abitato da centinaia di milioni di persone che lottano giornalmente contro tutto questo, facendosene anche gran beffe dello spiritualismo new age che tanto ci affascina.

Cos’è per te il paese asiatico in cui vivi?
È un pezzo di vita sfiancante che sono certo mi mancherà moltissimo.

Ci racconti un fatto quotidiano simbolico della tua vita lì?
Ogni mattina, dalla finestra della mia camera da letto, vedo una famiglia di scimmie abbarbicata sull’albero di fronte casa.
«Che meraviglia!», avevamo commentato io e la mia compagna appena trasferiti lì. Pochi giorni dopo abbiamo scoperto, a nostre spese, che il fantastico terrazzo sul tetto di casa – dove già immaginavamo cene e feste a tutto spiano – è costantemente presidiato dalla suddetta famiglia di scimmie che, di fatto, lo rende inutilizzabile. Tuttora quando andiamo in terrazzo a stendere i panni si va in due: uno stende, l’altro fa la guardia in caso di aggressioni scimmiesche.

Di cosa ti occupi in Asia?
Sono corrispondente dall’India per il manifesto. 

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